Poniti le (2) giuste domande per far crescere il tuo business

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    Qual è il problema che risolvi con il tuo prodotto (o servizio)?
    Che beneficio ottiene chi compra da te? 

    Le prime due domande che devi porti in questo 2023 (o forse sempre, quotidianamente) sono la chiave di volta per il successo della tua azienda. 

    Sembrano domande molto larghe, a volte facili, a volte invece molto complesse. Perché contengono al loro interno altre decine di domande. Ad esempio: cosa ottengono i tuoi clienti comprando da te e cosa perdono se invece non comprano? Qual è l’emozione che li guida e li porta all’acquisto? Cosa sognano che accada una volta effettuato l’acquisto? Cosa hai di differente rispetto agli altri? Chi sono i tuoi competitor diretti? E quelli indiretti? Ma sono tutte domande successive al cuore della questione. 

    Chiariamo innanzitutto un concetto importante. Come dimostrano tanti studi di neuromarketing le persone acquistano per un “qualcosa”, il più delle volte irrazionale, inconsapevole, dandosi a posteriori una giustificazione presumibilmente razionale. Ma in realtà è piuttosto un “autoinganno”. 

    Ecco come il branding può aiutarti

    Con il giusto percorso di branding puoi costruire e rafforzare la percezione da parte dei potenziali clienti. È il primo tassello del tuo marketing. Ti consente di impostare al meglio il posizionamento, la focalizzazione, le strategie e l’operatività affinché i tuoi clienti si innamorino e ti scelgano anche inconsapevolmente, trasformandosi in ambasciatori del tuo brand.

    E questo proposito vogliamo introdurti il concetto del “Job to be done”, che può essere un ottimo punto di partenza per il tuo percorso di branding.

    Lo abbiamo scoperto anche noi da poco, durante una delle nostre chiacchierate di consulenza e formazione sul Growth Marketing con il nostro amico ed esperto Filippo Ciurria. Un percorso che ci sta facendo “unire i puntini”. Mescolando vendita, crescita, metriche, comunicazione. Tutti tasselli interconnessi. Che partono e arrivano tutti allo stesso punto. Il Goal determinante = Il Cash $$$!

    La teoria del Job to be done

    Il “Job” è il lavoro che una persona deve compiere per migliorare la sua situazione (risolvere un problema, soddisfare un bisogno, realizzare un desiderio). Per compiere quel lavoro avrà una serie di ostacoli da superare ed una serie di opzioni da vagliare nel contesto in cui si trova. Apparentemente sembrerebbe una roba basilare e intuitiva, ma in realtà è proprio in ciò che avviene a livello più profondo che si capisce cosa si intende con “Job to be done”. Bisogna chiedersi il “perché”, ossia qual è la motivazione reale che si nasconde dietro un dato acquisto. Sostanzialmente quando una persona ha bisogno di fare qualcosa, compra della roba che faccia quel “lavoro” per lei.

    E citiamo proprio il racconto di chi ha teorizzato il JTBD, il professor Clayton Christensen, uno dei più influenti teorici del business degli ultimi 50 anni secondo Forbes.

    Qui il video integrale in inglese, altrimenti leggi di seguito la nostra sintesi.

    La storia che racconta Christensen per spiegare il concetto di JTBD è semplice.

    McDonald’s  decide di migliorare i propri milkshake per aumentare le vendite. Fa tutti gli studi del caso (target, audience, survey, etc.). Vengono migliorati i gusti, il formato e altro. Sulla base di dati e domande sul prodotto poste al consumatore, come ad esempio domande sul gusto, gli ingredienti, etc.

    Peccato però che le vendite di milkshake non aumentano come ci si aspettava.

    Allora un giorno i responsabili della ricerca si appostano in un ristorante della catena per 18 ore ponendosi delle precise domande. 

    A che ora comprano i milkshake? Chi compra è da solo? Compra altro? Lo bevono lì o lo portano via?

    Si scopre così che metà dei milkshake venivano venduti prima delle 8 del mattino. Le persone che le compravano erano sempre sole. Compravano solo quello e salivano in macchina per andare via.

    Continuarono a porsi domande e iniziarono a chiedere direttamente alle persone perché compravano proprio quello: che “lavoro” svolgeva per loro? Cosa ottenevano?

    La vera motivazione dietro l’acquisto

    Scoprendo così che tutte quelle persone avevano un viaggio lungo e noioso da compiere in auto per raggiungere il posto di lavoro e avevano solo bisogno di qualcosa da fare mentre guidavano. Una mano doveva essere sul volante, ma l’altra mano era libera. E avevano solo bisogno di qualcosa da fare mentre guidavano. Non avevano ancora fame, ma sapevano che avrebbero avuto fame a metà mattina, entro le 10. Quindi volevano semplicemente qualcosa da mettere nella pancia e che sarebbe rimasto per la mattinata.

    Christensen parafrasando un  acquirente di frappé pendolare direbbe sintetizzando:

    “Venerdì scorso ho usato una banana per compiere questo lavoro. Non assumere mai banane. Se ne vanno in fretta e alle 7.30 avrai già fame. Se non lo dici a mia moglie ti confesso che assumo ciambelle un paio di volte a settimana. Ma anche loro non vanno bene. Finiscono in fretta. Si sbriciolano sui vestiti. Mi riempiono di zucchero e mi rendono le dita appiccicose mentre guido. Quando assumo questo frappè invece è così viscoso che mi ci vogliono 20 minuti per aspirarlo attraverso questa cannuccia sottile. A chi importa quali sono gli ingredienti — a me no. Tutto quello che so è che sono sazio tutta la mattina e sta proprio qui nel mio portabicchieri.”

    Ecco dunque che si scopre che il milkshake fa il lavoro meglio di qualsiasi altro concorrente, che nella testa di quel consumatore non è il milkshake di Burger King, ma banane, ciambelle, bagel, barrette Snickers, caffè e così via.

    Quindi, sostiene Christensen, se riesci a capire qual è il “lavoro” che svolge il tuo prodotto, come migliorare il prodotto diventa praticamente ovvio

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    Image credits: Tingey Injury Law Firm / Unsplash

     

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