Branding è anche saper cambiare: il caso di Barbie
Quando la maggior parte delle persone pensa a Barbie, la immagina come una donna longilinea, ultra magra e bionda. La immagina al galoppo in un ranch su uno dei suoi pony, a flirtare con Ken nella casa dei suoi sogni o a percorrere l’autostrada di Malibu in un 4×4. Forse la immagina mentre spulcia nel suo guardaroba di vestiti mentre fa un giro nel suo elicottero di super lusso.
Ma quello che forse non pensano le persone, quando si tratta di Barbie, è che sia un buon modello per le ragazze più giovani.
Fino a una decina di anni fa, infatti, i genitori pensavano esattamente questo e avevano atteggiamenti contrastanti nei confronti del brand. A dirlo è stata Lisa McKnight, Executive Vice President and Global Head of Barbie and Dolls, durante un’intervista al magazine Campaign.
“Quando il marchio ha analizzato gli atteggiamenti dei consumatori nei confronti di Barbie, ha scoperto che i genitori erano riluttanti ad acquistarla. I genitori temevano che Barbie – poco cambiata da quando è stata messa in produzione per la prima volta sei decenni fa – fosse obsoleta. Il mondo era cambiato”, dice McKnight, “e Barbie non stava tenendo il passo”.
Come si cambia l’immagine pubblica di un brand di quasi settant’anni?
Barbie ha dovuto prendere provvedimenti per affrontare questo problema. Dopo un calo del 20% delle vendite tra il 2012 e il 2014, i proprietari del marchio Mattel hanno rivisto la collezione Barbie per concentrarsi su una gamma di bambole più diversificata e ambiziosa. Oggi, il catalogo include bambole in carriera: i genitori possono accaparrarsi qualsiasi cosa, da una giudice a una conduttrice di notizie fino a un’astronauta.
La collezione ormai conta anche un’astrofisica, una costruttrice, un’apicoltrice, una candidata politica e un’entomologa, oltre a una gamma più diversificata fisicamente di bambole con diverse tonalità della pelle, fibre dei capelli, dimensioni corporee e tipi di corpo, per offrire una maggiore rappresentazione alle bambine e ai bambini non canonicamente occidentali e con disabilità.
La diversificazione di Barbie sembra dare i suoi frutti. Nel terzo trimestre del 2019, Mattel ha registrato un aumento del 10% delle vendite di Barbie, superando il suo portafoglio di bambole più ampio, che è cresciuto del 5%. Questa revisione non è stata per nulla semplice, però: la produzione e il design dovevano garantire che tutte le nuove forme di bambole potessero adattarsi ai set di gioco già esistenti, come case e veicoli.
“Il marchio non ha mai visto un calo drammatico. Ma quando abbiamo ascoltato il sentimento sociale nei confronti del brand, non ci è piaciuta la risposta”, ha affermato McKnight sempre durante l’intervista a Campaign.
I genitori, in particolare le mamme che da piccole erano cresciute giocando con le Barbie, esitavano a comprare le stesse bambole per le proprie figlie. Questo perché mettevano in dubbio il fatto che Barbie potesse essere un modello positivo, a fronte dell’importante cambiamento sociale e culturale che stava avvenendo su scala globale (body positivity, body acceptance, fluidità nei ruoli di genere, parità di genere, …).
L’importanza per i brand di vivere nel presente e ascoltare il sentiment delle persone
I genitori, che rappresentano gli acquirenti principali del marchio, non vedevano molta sostanza dietro la bambola. Barbie era considerata troppo perfetta, lontana dalla realtà e incapace di fornire ai bambini di tutto il mondo una rappresentazione varia ed eterogenea.
La necessità di Mattel era, in buona sostanza, quella di modernizzarsi e allinearsi con il sentiment comune, non attraverso un semplice rebranding estetico o di marketing, ma rivedendo le radici e il significato del prodotto stesso: le bambole.
Non solo, però: il marketing esperienziale e digitale, in gran parte sviluppato internamente, ha svolto un ruolo chiave nel posizionare la bambola come sostenitrice dell’empowerment femminile, con un’attenzione particolare alla spinta di Barbie nelle STEM (science, technology, engineering and mathematics).
Nel Regno Unito, Barbie ha collaborato nel 2019 con l’Agenzia spaziale europea per sviluppare una bambola che riproducesse le fattezze dell’astronauta Samantha Cristoforetti.
Il marchio ha anche utilizzato il suo canale YouTube – che ha 7,7 milioni di abbonati (insieme a oltre due milioni di follower su Instagram) – per insegnare ai bambini la storia di Samantha Cristoforetti e dei suoi successi. Sempre nel 2019, ha collaborato con Virgin Atlantic per mostrare alle ragazze più giovani le opportunità di carriera presso la compagnia aerea, creando bambole pilota e Barbie ingegnere.
L’intuizione centrale alla base di questa attività è uno studio che mostra come, a partire dall’età di cinque anni, molte bambine sviluppano convinzioni autolimitanti e iniziano a pensare di non essere intelligenti e capaci come i ragazzi. Da qui è nato il progetto globale Dream Gap di Barbie, che mira a sfruttare la piattaforma comunicativa del brand per affrontarlo.
Mattel ha anche lanciato una collezione di 20 bambole “donne che ispirano” per celebrare il suo 60° anno e per onorare i modelli di ruolo che stanno sempre di più ridefinendo le regole e dando speranza alla prossima generazione di ragazze. Queste venti bambole includono versioni giocattolo di Frida Kahlo, Amelia Earhart, Rosa Parks e Katherine Johnson.
L’importanza oggi di avere un brand che generi ispirazione ed emozioni positive
La diversificazione di Barbie sembra funzionare. A oggi, quasi il 50% di tutte le vendite del marchio Barbie provengono dalle sue bambole “non tradizionali”, a riprova di come creare una connessione forte tra i brand e il sentire comune sia una scelta sempre vincente.
Mattel ha portato questa scelta di rebranding a un altro livello con la campagna Let Toys Be Toys, attraverso cui ha lanciato Creatable World, la sua prima linea di giocattoli personalizzabile e gender neutral.
Un’idea che però non è stata ben accolta ovunque: Mattel ha dovuto sospendere, per esempio, il lancio delle bambole in Russia, a causa di un respingimento da parte del governo.
“I governi più tradizionalisti e la chiesa hanno opinioni contrastanti su questi nuovi prodotti e temono il cambiamento”, ha detto McKnight. “Una parte di questa negatività è arrivata anche dai social media, dove le persone pensano che siamo un’azienda pazza e progressista che sta cercando di cambiare tutti”.
Tuttavia, Mattel continua a vedere più opportunità che svantaggi nel progetto di realizzare giocattoli sempre più inclusivi. I bambini, come anche le nuove generazioni di genitori, continuano a evolversi e cercano di allontanarsi da etichette e stereotipi, per abbracciare prodotti e giocattoli che consentano il massimo della personalizzazione e della fantasia.
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